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Channel: Ecodesign: idee originali per un design in armonia con l'ambiente
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La storica Eames Shell Chair prodotta in materiale riciclato

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Alcune sedie sono riconoscibili a prima vista come la Eames Chair. Quest’opera di design progettata dal duo di designer Charles e Ray Eames, è diventata una delle icone più note del modernismo di metà del secolo scorso e ricercata dagli appassionati. Era il 1950 quando per la prima volta Herman Millerprodusse la sedia scocca di Eames, originariamente costruita in fibra di vetro. Il materiale è stato poi abbandonatonel 1990 a causa di problemi dichiarati dalla stessa Ray Eames che lo ritenne “dannoso per l’ambiente”.

Riciclo di design: le sedie ottenute dalle tegole giapponesi

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La fibra di vetro dell’originale Eames Chair infatti non poteva essere riciclata, e nelle fasi di produzione e manipolazione produceva emissioni potenzialmente pericolose aria, dovute a solventi esausti e altri rifiuti.
Nel corso dei decenni la propensione verso la vetroresina è rimasta forte, spingendo Herman Miller a vedere se si potessero realizzare le sedie con qualche materiale meno impattante anziché col guscio originario in vetroresina.

Herman Miller, Vitra versus Modernica – Eiffel bases

Ora, quasi un quarto di secolo più tardi, questa sedia–icona sta tornando alle sue radici, grazie a sviluppi più rispettosi dell’ambiente nella tecnologia di produzione.
Oggi il prototipo continua ad essere prodotto in 100% polipropilene riciclabileper amore dei collezionisti!

Versione in polipropilene

Inoltre la nuova Eames Fiberglass Shell Chair viene prodotta in otto accattivanti colori vintage, per soddisfare i gusti di chiunque.
Anche se la forma della sedia è rimasta la stessa, il nuovo materiale si presta ad una texture opaca più sottile e delicata al tatto.


Il design salentino si presenta al grande pubblico, tra riciclo e tradizione

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Otto designer salentini decidono di condividere un percorso insieme e nasce Ghimel che sbarca al Salone Satellite, manifestazione collegata al Salone del Mobile di Milano all’interno delle Fiere di Rho a Milano e al Fuori Salone partecipando alla mostra “La Casa in Calce e Canapa”, eventi svolti tra l’8 e il 13 aprile scorso. La proposta di questi artisti è degna di nota perché porta in primo piano tutta l’artigianalità e la creatività di un nuovo modo di intendere il design fatto di riciclo, di recupero dei materiali, della tradizione e degli antichi saperi locali. Il brand scelto dal gruppo Ghimel comunica l’idea di crescita e progresso nell’indagine della forma, rimanendo nel solco della tradizione.

Design dal Brasile: decorazioni indigene e creatività per arredi originali

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Le tracce di made in south si distinguono dagli altri padiglioni del Salone perché in questo tipo di design si coglie l’energia di una bottega artigiana che, speriamo, possa portare fortuna ai talentuosi makers salentini.

Sandra Faggiano – San Cesario

Sandra Faggiano, architetto di San Cesario, presenta i contenitori “Le insta(nca)bili” realizzati con impasti di simbolo dell’affrancamento delle donne ( spesso rimanenze di cantiere), acqua e fili di canapa da idraulico, lavorati insieme riscoprendo la tradizione attraverso la tecnica della cartapesta salentina.

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Queste instabili maxi–boule sono oggetti dinamici, in continuo movimento, come il loro nome. La superficie esterna de “Le insta(nca)bili” presenta una grana ruvida, materica, la parte interna è liscia e con linee regolari. Una volta preparato, l’impasto viene adagiato su stampi, che altro non sono che giochi in disuso per bimbi o attrezzi fitness riciclati, come i palloni in gomma forati o sgonfi che proseguono così la loro vita invece di finire in discarica.

Francesca Mazzotta – Collepasso

Francesca Mazzotta, designer di Collepasso, presenta “MAD”, chaise longue nata da materiali di riciclo come pali torniti da recinzione, rivestimento in garza per uno dei basamenti, un gomitolo di fettuccia per le tapparelle avvolgibili. Il rivestimento è in piuma con taglio a vista di diverse densità, stampata a sublimazione con una grafica composta dalla designer, corredata da una copertina in tessuto con gli stessi motivi, pratica per essere tolta e lavata senza perdere di vista l’originale decorazione.

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Per rivendicare l’origine della sedia, anche il nome rimanda alla terra natale dell’artista, che confida “MAD evoca uno dei nomi più utilizzati al femminile al Sud, Maddalena” e vuole diventare un simbolo dell’affrancamento delle donne. Sul volantino che accompagna l’arredo vi è scritto “spogliami”, per invita provocatoriamente il fruitore a togliere il telo che ricopre la chaise longue, trovando sotto di esso una stampa uguale alla coperta, come a rivendicare la forza di essere uguale a se stessa, rafforzata dalle scritte della trama grafica “legame/restrizione dello spazio/infinito”, in evidente contrasto tra loro, segno del dissidio interiore nelle cuore e nella testa di molte donne.

Francesca Mazzotta, inoltre, recupera la tradizione salentina della cartapesta creando gioielli e una variante interessante per l’arredo maniglie gioiello per i mobili come dimostra l’opera “MADIA LADY” realizzata in collaborazione con Solange Suppa (designer di Lecce) che si occupa di recupero di vecchi arredi rivisitati con la resina.

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Massimo Maci – Campi Salentina

Massimo Maci, artista del vetro e della luce, si serve delle infinite possibilità che la fusione offre. Al Salone Satellite presenta la Lampada Box, un cubo di luce che illumina composizioni di bicchieri e bottiglie di vetro, in precedenza modellate dal calore, che evocano una quotidianità liquida, evidenziata dai raggi luminosi.

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Le modifiche del vetro creano forme sempre nuove, dando vita a giochi di luce con un effetto di perpetuo mutamento.
Originali sono anche le bottiglie nella cassetta, disponibili anche in colori diversi, e parti di bottiglioni “Sanglass” diventati portalampade che ci suggeriscono quanto sia grande il potere della creatività nell’immaginare nuove funzioni per gli oggetti di uso comune.

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Guglielmo Quaranta – Morciano di Leuca

Guglielmo Quaranta, architetto, seziona e ripiega un unico piano di legno giocando con l’antropizzazione della sedia, che chiama iSSa e iSSu – poltroncina foldable, quasi un abbraccio a chi usufruisce della seduta.

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Mario d’Aquino – Aradeo

Il designer Mario d’Aquino presenta Zalij, dal nome del tassello di mosaico nel mondo orientale; la composizione di questi sgabelli risulta essere una rivisitazione degli oggetti originali, a completamento più che a decorazione.

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Andrea Minghali, Marco Giovinazzo, Roberto Quaranta – Provincia di Lecce

Andrea Minghali (designer di Aradeo, Lecce) con Mike the Headless propone un vaso decorativo in canapa, calce e acciaio costruendo un gallo senza testa allegoria della società basata sulla sopravvivenza senza ragione e Marco Giovinazzo (architetto di Neviano, Lecce) reinterpreta lo scheletro urbano traducendolo in geometrie decorative per arredi di cui “Urbano” è proprio un esempio.

A sinistra, Andrea Minghiali, “Mike the Headless”; a destra, Marco Giovinazzo, “Urbano”.

In alto: Roberto Quaranta,“Souvenir du Salento n.1”

Non mancano le opere come quella di Roberto Quaranta (architetto di Presicce, Lecce) “Souvenir du Salento n.1” che riassumono luoghi e colori della terra da cui provengono gli artisti.

La natura come strumento per il design

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La biomimesi, o “imitazione della natura”, diventa protagonista negli oggetti di design. Gli esseri viventi utilizzati come spunto già nella progettazione architettonica, sono uno spunto interessante anche nella creazione di arredi e utensili per via della loro forma, della loro funzione o del tipo di materiale, sia a livello macroscopico che microscopico. Vediamo insieme qualche esempio di come organismi e biologia sono stati fonte di ispirazione per alcuni designer..

In copertina: Radiolaria, Bernotat & co

Biomimetica: quando il design si ispira alla natura

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NATURA PROTAGONISTA: LAMPADE COME PROTOZOI E CONCHIGLIE

Le forme degli organismi viventi sono state grandi ispiratrici di numerosi oggetti di design, forse per la loro essenziale semplicità. In modo particolare per elementi di illuminazione. Radiolaria, ad esempio, di Bernotat & co., è il nome dato ad alcune lampade aventi forma di radiolari, cioè protozoi caratterizzati dallo scheletro siliceo, la cui forma artistica è stata analizzata in modo approfondito nel trattato “Kunstformen der Natur” (1904) scritto da Ernst Haeckel.

I radiolari hanno la forma regolare di poliedri, e risultano dunque anche idonee per utilizzi nel campo del design. Le lampade di forma poliedrica, che possono essere appese al soffitto, realizzate in tessuto, imitano persino il fenomeno della bioluminescenza (“glow–in–the–dark–effect”), producendo alcuni bagliori di luce anche dopo essere state spente, così come alcuni protozoi emettono luce attraverso particolari reazioni chimiche, nel corso delle quali l’energia chimica viene convertita in energia luminosa.

Anche Lamp Couture, ad esempio ha presentato lampade di forma organica, che ricordano le conchiglie, sempre realizzate in tessuto, che si ispirano al mondo della moda ed agli elementi naturali.

In alto, la lampade di Lamp Couture

MATERIALI ECOLOGICI E ALBERI

Nella visione di Gunnar Soren Petersen, Gren, ovvero “il ramo” (in danese), come parte di un albero, diviene modulo per sviluppare un nuovo elemento di arredo, comprensivo di più moduli, che funge da appendiabiti.
Gren light è un’evoluzione di quest’idea, prevedendo l’integrazione di elementi luminosi nella struttura, realizzata in legno.

Anche Marco Iannicelli ha prodotto Snappy tree friend, lampada creata con un ramo piuttosto spesso dalla forma che consente anche l’appoggio a terra, all’interno del quale è collocato un punto luminoso a led, che si accende muovendo la sommità del ramo.

In alto: Light Forest di Ontwerpduo

Ontwerpduo, olandese, concepisce invece Light forest, struttura sviluppabile su soffitto e muri, che simula la crescita delle piante nella foresta, presentando episodi luminosi in posizioni ad hoc, suggerite dall’ambiente di installazione. Gli elementi luminosi hanno una forma simile a piccole campane.

Anche Folia lumina assume a tutti gli effetti la forma di una pianta, ma è a tutti gli effetti una lampada con illuminazione a led.

STUDI, RICERCHE, APPROFONDIMENTI PER APPLICAZIONI BIOMIMETICHE

La Hochschule für Gestaltung di Ulm sta svolgendo una serie di ricerche sul concetto di transliquido, attingendo da esempi di organismi viventi, per studiare flessibilità, rigidità, solido e liquido, nonché il concetto di superficie dinamica, di isotropia ed anisotropia. Questi studi possono essere applicati ai materiali per il design.

In alto: unaseduta di Lilian van Daal

Lilian van Daal ha utilizzato il termine “biomimicry” (“biomimesi”) in riferimento a particolari sedute, aventi sezioni che riproducono i tessuti organici.
Analisi della natura condotte, dunque, su vari livelli ed in vari campi, per poi applicare i risultati in ambito progettuale e tecnologico.

Un chiodo fisso per il legno: alla ricerca del contenitore sostenibile

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Relegno, azienda che produce contenitori in legno, in collaborazione con Artèteco, indice la prima edizione del concorso di idee “Un chiodo fisso per il legno” relativo alla progettazione di espositori da terra e di dispenser da banco in legno. L’intento della gara è quello di stimolare l’elaborazione di espositori innovativi ed originali, tecnicamente producibili in serie con costi ridotti, che possano essere impiegati per diverse tipologie merceologiche e collocabili in qualsiasi tipo di spazio.

Design creativo: il legno delle barrique tra falegnamerie e integrazione sociale

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Il bando di “Un chiodo fisso per il legno” prevede inoltre che gli oggetti in legno siano flessibili, funzionali e versatili cioè che siano riutilizzabili in altri ambienti e per altre finalità e impieghi, ecosostenibili, modulari e di semplice esecuzione.
La partecipazione al concorso è gratuita ed è aperta a tutti gli amanti del design. Al primo classificato verrà corrisposto un premio in denaro pari a € 1.000,00.

Tutti i finalisti, verranno menzionati in un comunicato stampa che sarà inoltrato alle più importanti riviste internazionali di architettura e design, a giornalisti e a molteplici canali informativi. Inoltre l’azienda promotrice metterà in produzione alcuni dei progetti selezionati dalla giuria tecnica, riconoscendo al progettista una royalty sulle vendite.
Il termine per la consegna di tutto il materiale è fissato per il 25 luglio 2014.

Una giuria tecnica interna, composta da architetti e docenti universitari, selezionerà i lavori più interessanti dal punto di vista dell’originalità, dell’innovazione, della tecnica e dei valori estetico–funzionali dell’oggetto.
Per partecipare al concorso, è richiesta l’iscrizione compilando online il form di partecipazione disponibile sul sito di Artèteco. Tutte le informazioni e gli aggiornamenti sono riportati sul sito nella sezione “concorsi”.

Omaggio alla tipografia. Un ristorante tra arte grafica, culinaria ed architettonica

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Il ristorante Alla lettera progettato da Yet|Matilde, Francesco Stassi e Nicola Di Fonso, è un omaggio ironico allatipografia, alla forma e al significato delle parole. Non a caso si affaccia su una location eccezionale, Piazza Bodoni, tra le più belle e ariose del capoluogo piemontese. Questa, infatti, porta il nome del creatore dell’omonimo font serif, riconoscibile per il forte contrasto tra le linee spesse e quelle sottili. Ed è proprio il carattere Bodoni ad essere il filo conduttore dell’interior design, un mix sapiente di grafica, riciclo creativoe oggetti industriali personalizzati.

Architettura e tipografia: quando il lettering fa parlare gli edifici

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La lettera “O” è riproposta in diverse dimensioni e famiglie di font su pareti e accessori, diventando il logotipo del ristorante.Rappresenta la forma della pizza, piatto forte del locale, sempre simile ma mai uguale, perché fatta a mano e, ogni volta, personalizzata.

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La pizzeria editoriale ricorda, inoltre, il parallelismo tra ingrediente e carattere tipografico: entrambi ripetuti creano risultati sempre nuovi e creativi.

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PAROLE, PAROLE, PAROLE…

Marrone, beige, crema e panna sono i colori predominanti del ristorante: su questo scenario si sviluppa il dialogo tra arte grafica, culinaria e architettonica. All’ingresso, il bancone bar e di preparazione delle pizze è caratterizzato da linee pulite, materiali nobili quali legno e ferro; di sfondo la profonda e rettangolare bocca del forno sembra borbottare parole poi impresse sulla parete.
Si allarga il locale dedicando tutto lo spazio a tavoli quadrati e alle tipiche sedie in legno, marchiate sugli schienali e sedute da brevi motti e lettering a grande dimensione .

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Sulle porte e pareti sono ripetute le tipiche destinazioni d’uso dei locali commerciali (toilette, zona cucina…), aggiungendo alla semplice informazione un valore didattico oltre che decorativo. “Un buon pranzo giova molto alla conversazione” recita una parete, mentre parole isolate sono tradotte in varie lingue.

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Il menù è quotidiano e la sua grafica è quella tipica dei vecchi giornali stampati. Anche l’allestimento del locale varia e “si muove” in analogia con l’antico mestiere dei tipografi che utilizzavano appunto caratteri mobili, componibili e riciclabili. I camerieri indossano divise firmate da Antonio Rizza con tanto di copri–maniche, ed infine, i tovaglioli scuri presentano un’asola per agganciarli al bottone della camicia.

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“Specchio servo delle mie brame chi è la più bella del reame?” Il testo posto sulla parete scura del bagno, diventa comprensibile grazie al suo riflesso sullo specchio adiacente. In cucina il neon “Che fame” allevia l’attesa del cliente, che può anche intravedere dalla fessura come i cuochi preparino le pietanze in cucina. L’appendiabiti è realizzato da semplici corde su cui sono ancorati traduzioni di “buono” in varie lingue, mentre su alcune pareti appaiono i bellissimi casellari di legno, in cui una volta erano riposti i bianchi e altri strumenti tipografici.

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Gli ambienti, tutti progettati da eccellenti grafici e designer, sono originali e ricercati: le travi scure d’acciaio rimangono a vista sui soffitti chiari, mentre una fitta rete di lampade a bulbo scende in maniera irregolare sui tavoli.

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Tanta ricercatezza non comporta un effetto finale artificioso e “perfettino”, perché tutti gli allestimenti sono work–in progress: periodicamente il locale accoglie opere di giovani artisti ed è sempre alla ricerca di nuove sperimentazioni.

Tra design creativo e riciclo: l’insospettabile locale newyorkese

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Si chiama Vinateria e ha aperto ad Harlem, New York, ad Aprile. In questo ristorante/bar si respira un’aria moderna, raffinata, colori e grafica rendono l’ambiente del locale contemporaneo e molto newyorkese. Non si sospetterebbe insomma che un design così attuale possa in realtà essere il risultato di un sapiente riciclo di oggetti e arredi vintage, che hanno una loro storia e molto da raccontare. Ogni cosa “vecchia” torna in questo progetto ad essere “nuova”, ad assumere un diverso significato, non perdendo la sua origine e quel richiamo al passato che la rende unica.

Grafica e design sono gli ingredienti del ristorante dedicato alla tipografia

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Il progetto di interni è ad opera di diversi collaboratori facenti però parte di un unico studio, il Salty Labs. Creativi, con diverse passioni ed esperienze, uniscono i loro saperi a servizio di questo locale di New York dal design a metà tra passato e futuro.
La ricerca di arredi e oggetti vintage è compito di Fritz Karch, collezionista e stylist, che ama riutilizzare nei suoi progetti elementi con una loro storia, vissuti, usati.

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Nei negozi di seconda mano e nei mercatini delle pulci, Fritz Karch recupera la maggior parte degli arredi e degli oggetti utilizzati nel progetto di interior, come le sedie vintage in faggio curvato o i paralumi in vetro bianco utilizzati per le lampade sospese sui tavoli. Quest’ultimi, realizzati in legno riciclato. Alti tavolini da bar nascono grazie al riciclo dell’alluminio di vecchi stand industriali.

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Un tocco luminoso, in contrasto con il grigio antracite delle pareti, è dato da una scaffalatura riempita da un’invidiabile collezione vintage di brocche, caraffe e bicchieri in vetro che creano suggestivi giochi di luci e ombre.

A mettere in comunicazione ristorante e cucina, il contrasto tra una credenza in legno, di origini danese, e una scaffalatura metallica, il cui luccichio è accentuato da una serie di oggetti di metallo rigorosamente di seconda mano.
E di metallo sono anche le posate, “differenti metalli che lavorano insieme” così definite da Karch in quanto tutte di recupero e quindi diverse tra loro, uniche ed originali.

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Le pareti della Vinateria sono dipinte dall’artista Helen Quinn utilizzando specifiche finiture totalmente naturali, come il gesso, e speciali vernici a base di latte e lime, il cui vantaggio è anche quello di assorbire l’umidità e i fumi provenienti dalla cucina.
Oltre all’intonaco, diverse sono le finiture utilizzate per i rivestimenti, come il feltro, accogliente e fonoassorbente. Anche in questo caso il materiale è di riciclo, avanzi di produzione di un’azienda della Pennsylvania montati su pannelli.

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La porta di ingresso, un’anteprima del locale, è costituita da due battenti in metallo, lavorati a laser secondo i disegni dell’artista James Scott, che creano suggestivi effetti luminosi.

Un giardino nella caffetteria per respirare aria pulita a Pechino

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Il contatto con la natura, si sa, fa bene al corpo e allo spirito. È quello che avranno pensato i due architetti Chris Precht e Dayong Sun, dello studio Penda, quando si sono trovati a progettare due caffetterie in città cinesi, Pechino e Tianjin, tra le più inquinate. L’inquinamento è problema concreto nelle enormi megalopoli cinesi e i progettisti hanno deciso di partire da questo punto per sviluppare un concept che sarà caratterizzante per tutti i punti vendita della catena che apriranno: un cafè dove prendere una boccata d’aria pulita.

PIÙ VERDE IN CASA CON IL GIARDINO VERTICALE MAGNETICO  

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L’idea base è quella di creare all’interno di questa caffetteria di Pechino uno spazio per respirare aria pulita in una delle città più inquinate del mondo, inserendo al suo interno la vegetazione: piante semplici da coltivare, che non necessitano di particolare manutenzione come felci ed edere, ma anche erbe aromatiche, il cui profumo si mescola a quello del caffè.

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La vegetazione è inserita in fioriere in legno di bambù sorrette da una struttura metallica riciclata. Le barre in acciaio utilizzate per il giardino sono quelle destinate solitamente all’armatura del calcestruzzo, e sono saldate tra loro a formare degli spazi modulari, facilmente ripetibili. Il sistema modulare rende l’organizzazione interna delle caffetterie estremamente flessibile. Lo spazio interno può mutare seguendo le esigenze dei clienti e dei gestori, ma può anche essere facilmente riadattato alla vegetazione che questi moduli in acciaio ospitano, in modo da dare più o meno spazio e luce alle piante.

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Inoltre la flessibilità dello spazio garantisce al cliente, che frequenta il cafè, la possibilità di trovarsi in un luogo ogni volta diverso, con luci e ombre sempre nuove, con contenitori che ospitano piante e alcuni che ospitano libri: a seconda delle esigenze lo spazio potrà mutare e le piante, crescendo, potranno creare una parete verde e dei piccoli giardini pensili.

L’uso di materiali semplici focalizza l’attenzione verso il verde: dalle barre d’acciaio alle fioriere in legno di bambù, dalle pareti coperte da intonaco grezzo alla scelta dell’arredamento, con sedute rivestite in pelle e mobili in legno grezzo.

Un’oasi nel cuore dell’urbanizzata e inquinata Pechino, una piccola boccata d’aria nel grigio dello smog.

La fattoria fai da te per chi ha poco spazio in città

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L’autunno è alle porte e per gli amanti dell’orto è tempo di mettere a dimora le piccole piantine di cavoli, verze, cicorie e di seminare spinaci, ravanelli, valeriana e rucola, che con un ciclo di crescita molto breve, movimenteranno l’orto autunnale e lo riempiranno di colori. In molti hanno scelto la via dell’autosufficienza o la vita in fattoria, non tutti però hanno a disposizione un pezzetto di terra o di giardino per creare la propria provvista di verdure salutari in città.

L'ORTO CREATIVO: COME CREARNE UNO DA UN SEMPLICE PALLET

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VERDURE E UOVA A KM ZERO

Per ovviare a questa mancanza, lo Studio belga Segers ha ideato una linea di componenti modulari, Daily Needs Modular Chicken Coop and Garden, assemblabili su balconi e terrazze per soddisfare le esigenze di chi abita in città e poter dare loro uno spazio equipaggiato come una mini fattoria per coltivare l’orto, fare il compost, allevare i polli e riporre gli attrezzi.

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SOSTENIBILE È MEGLIO

Il progetto ha vinto nel 2013 la OVAM Ecodesign Award PRO e prevede l’utilizzo di legno naturale proveniente da fonti sostenibili, un contenitore per il recupero dell’acqua piovana e la facilità di trasporto, poiché i vari moduli sono previsti in kit di montaggio.

Montando tutti i moduli, anche in modo flessibile senza dover allineare i pezzi lungo un muro, si ottiene una perfetta mini-fattoria da posizionare ove si voglia, in giardino o in terrazza.

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I VANTAGGI

Questo progetto stimola la socialità perché, se usato come un’attività condivisa da un condominio o da una cooperativa, incoraggia le persone a lavorare insieme, a collaborare e a conoscersi meglio, in una sorta di community-garden, realizzando giardini e pollai urbani in modo semplice e divertente.

Uova fresche e verdure di stagione a km zero, sostenibili e bio.


Le opere interattive e sostenibili di Daan Roosegaarde

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Daan Roosegaarde è un artista olandese fondatore dello Studio Roosengaarde con una sede in Olanda e una in Cina. Ha partecipato a mostre internazionali ricevendo vari premi e riconoscimenti. Fa parte del New Dutch Digital Design, un gruppo di artisti che s’interessano alla realizzazione di opere d’arte sociali interattive e sostenibili, incentrate sull’interazione uomo-tecnologia-spazio ed utilizza la tecnologia come una matita, creando un rapporto fra emozione e tecnica che chiama "tecno-poesia". Di seguito sono illustrate 3 opere significative della sua creatività e capacità d’innovazione. 

TECNOLOGIA, UOMO E ARCHITETTURA: IL 3D ARCHITECTURAL MAPPING

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CRYSTAL

Chiamato da Daan Roosengaarde il nuovo "lego da Marte", Crystal è un’installazione permanente ad Eindhoven. L'opera interattiva è una composizione di pietre geometriche LED wireless che si ricaricano tramite un piano magnetico sul pavimento dove vengono adagiate. Hanno la particolarità di assumere una luce colorata nel momento in cui vengono toccate. Oltre ad essere utili per un’illuminazione alternativa degli spazi offrono la possibilità di giocare: le si può spostare per comporre disegni, lettere, numeri, ecc. Chi entra in contatto con Crystal può condividere pubblicamente pensieri ed emozioni!

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Il desiderio di Daan è che i giovani studenti comprendano a fondo il funzionamento delle pietre e inventino nuove forme e colori, in modo tale che l’opera si evolva e continui a vivere nel tempo.

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INTELLIGENT HIGHWAY

La cosiddetta "autostrada intelligente" riceve il premio internazionale di design INDEX 2013, per la capacità di offrire un approccio interattivo, sicuro e sostenibile con la rete stradale, grazie ad una serie di nuove tecnologie:

  • Pittura fosforescente e dinamica: assorbe la luce durante il giorno e la rilascia di notte garantendo fino a 10 ore di luminosità: la segnaletica orizzontale risulta così visibile per tutto l’arco serale e notturno. La vernice intelligente contiene pigmenti a base di fosfòro, ha una durata di 8-10 anni, non è nociva per l’ambiente e di giorno appare bianca o semi-trasparente. La novità di questa pittura consiste nel fatto che è sensibile alle basse temperature e reagisce diventando fosforescente. Ad esempio in caso di ghiaccio o in prossimità degli 0 gradi, apparirà sul manto stradale un simbolo ben visibile del cristallo di neve. 

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  • Illuminazione cinetica: avviene tramite luci eoliche, dispositivi simili a piccoli mulini a vento che ricavano energia da tutti gli spostamenti d’aria, in primo luogo quelli delle auto che passano.

  • Illuminazione interattiva: è caratterizzata da luci con sensori che si attivano nel momento del passaggio delle auto e si spengono appena queste si allontanano, garantendo così un notevole risparmio energetico.

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  • Corsia di ricarica: corsia apposita per le auto elettriche che potrebbero caricarsi per induzione solamente percorrendola. Come per le luci eoliche l’energia di ricarica verrebbe dal vento e potrebbe garantire un'autonomia di spostamento a lungo raggio a costi più bassi, cosa che le batterie al litio ancora non permettono.

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Intelligent highway oggi è una piccola realtà: nei Paesi Bassi in un tratto di strada ordinaria (500 metri) vicino alla città di Oss sono state applicate le tecnologie di Roosegaarde. Un primo passo verso un sistema di strade intelligenti che si diffonderà in tutto il paese? E magari anche in altri paesi? Chissà, la speranza è l’ultima a morire.

DUNE

Paesaggio interattivo, composto da fibre ottiche accanto alle quali i visitatori possono camminare, producendo spostamenti d’aria e suoni che le fanno diventare luminose; in mancanza di sollecitazioni rimangono spente.

È possibile trovare quest'opera iterattiva permanente lungo un sentiero di 60 metri sulle rive del fiume Mosa a Rotterdam; in questo modo il percorso diventa più frequentabile anche nelle ore serali e notturne, accompagnato da una piacevole scia di luce.

{youtube}nf-q5zs8HgE{/youtube}

Inoltre ha trovato spazio come installazione temporanea alla 18th Biennale d’Arte di Sydney (2012), ravvivando il tunnel Dogleg in un particolare rapporto futuristico con lo spazio urbano. È un’opera che, oltre a costituire un risparmio energetico rispetto al tradizionale sistema d’illuminazione, si rivela utile per migliorare la sicurezza di zone desolate e buie della città.

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Come le altre opere di Roosegaarde, anche Dune si spinge oltre il consueto rapporto di pura osservazione, offrendo al visitatore la possibilità di una concreta partecipazione a nuovi universi tanto futuristici quanto sostenibili.

Una casa delle bambole green in mostra alla Triennale di Oslo

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La mostra Behind the Green Door è stato l’evento principale della Triennale di Architettura di Oslo (OAT 2013) dove, tra arredi di design e modelli in scala di architetture, è comparsa anche una casa delle bambole. Nato nel 2005 e composto da architetti, ingegneri, designer e ricercatori con base a Bruxelles, Rotor è il nome del giovane collettivo che ha curato la mostra. Il gruppo, oltre a occuparsi della realizzazione di progetti di design e di architettura, è attivo anche in campo teorico sviluppando posizioni critiche sul design, sulle risorse materiali e sul loro spreco, attraverso ricerche, mostre, scritti e conferenze.

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LA SOSTENIBILITÀ COME TEMA DELLA TRIENNALE

In occasione della mostra della Triennale, i curatori hanno voluto adottare un approccio nuovo e inaspettato: invece di partire da una determinata idea di sostenibilità e documentarla con esempi ad hoc, si è optato per una raccolta che mettesse insieme approcci differenziati al concetto stesso di sostenibilità. L’obiettivo non è quello di dedurre una innovativa idea di sostenibilità né di convincere la gente a vivere secondo l’etica ecologica: piuttosto consiste nel mostrare in che modo il desiderio (o la moda?) di sostenibilità stia pervadendo qualsiasi campo, diventando una vera forza sociale capace di rimodellare la cultura.

"In popular consciousness there are two main camps in the sustainability debate: the moralists who want us to forsake all pleasures, and the cynics who want to earn money on quick-fix technological solutions. In Behind the Green Door, Rotor present a third position in the form of an undogmatic inquiry, open to all the paradoxes and dilemmas of the contemporary crisis" ( “Nella coscienza popolare ci sono due principali ambiti all’interno del dibattito sulla sostenibilità: i moralisti che vogliono che abbandoniamo tutti i piaceri, e i cinici che vogliono guadagnare denaro da soluzioni tecnologiche quick-fix. In Behind the Green Door, Rotor presenta una terza posizione in forma di inchiesta non dogmatica, aperta a tutti i paradossi e i dilemmi della crisi contemporanea".)

Così si pronuncia Mari Hvattum, docente della Oslo School of Architecture and Design, a proposito della mostra.

OAT 2013 E LA GREEN DOLLHOUSE 

Si tratta di una raccolta di “testimonianze di aspirazioni ambientaliste” – modellini, render, volantini promozionali, strumenti specializzati di costruzione, campioni di materiali, citazioni, filmati di incontri tra lobby – per un totale di circa 600 contributi provenienti da tutto il mondo. Ogni oggetto racconta una storia ed è il risultato di un processo di selezione che è andato avanti per oltre un anno. Si passa dallo macro alla micro scala, ci si riferisce al territorio urbano come a quello rurale. Non esistono limitanti confini disciplinari: ci si può riferire all’architettura come all’ingegneria, alla grafica, all’urbanistica, alle scienze sociali.

Tra tutte le suggestioni pervenute, un oggetto attira la nostra attenzione: la brochure informativa della “Green Dollhouse”, la casa delle bambole prodotta da Plan Toys. Realizzata in legno e con materiali riciclabili, la casa è dotata di pannelli fotovoltaici e turbina eolica per la produzione di elettricità. La facciata della casa è arricchita di piante rampicanti che ne aiutano a mantenere costante la temperatura interna, mentre uno spazio verde esterno è dedicato al relax e alle attività ricreative. La raccolta di acqua piovana avviene con un apposito contenitore per il riciclo, la raccolta differenziata distingue i rifiuti biodegradabili e non, da quelli riciclabili. Gli arredi sono in legno non trattato chimicamente e proveniente da foreste rinnovabili. Una parete mobile costituita da una grande tenda d’estate protegge la casa dal surriscaldamento e d’inverno trattiene il calore e protegge dall’aria fredda.

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Un classico intramontabile del gioco è dunque rivisitato in chiave sostenibile: la casa, ideale per futuri architetti, fa dell’educazione all’ecologia una buona abitudine che deve essere trasmessa sin da piccoli in modo che l’uso responsabile delle risorse materiali del pianeta si configuri come unico approccio, non semplicemente auspicabile, ma realmente possibile.

Nuovi oggetti quotidiani per "imparare a disimparare"

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La giovane studentessa Lina-Marie Köppen ha progettato e realizzato una collezione di oggetti dalle forme non convenzionali e dalle funzioni ancora più misteriose. L’obiettivo della sua tesi di laurea alla Design Academy di Eindhoven è stato quello di studiare in che modo sia possibile mettere in discussione il rapporto di percezione del soggetto con l’oggetto, essendo la sua funzione viziata dalle rigide coordinate della convenzione con cui sin da bambini siamo abituati a leggere la realtà fisica degli oggetti che ci circondano. 

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Si tratta di oggetti quotidiani imperfetti, all’apparenza senza senso, che si fatica a categorizzare come appartenenti a una determinata funzione. Una famiglia di oggetti ognuno dei quali è la reinterpretazione di un archetipo di arredo, ma con una vocazione d’uso non assegnatagli dal progettista bensì dallo stesso utente al momento della fruizione.

La “scopa dai capelli lunghi” spazza il pavimento come qualsiasi altra scopa, ma la lunghezza delle setole spinge il fruitore a compiere dei movimenti nuovi, oscillatori (alcuni hanno dichiarato che sembrava loro di ballare).  

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Mentre una comune scatola dovrebbe presentare 4 piani laterali e due orizzontali, la “scatola con un braccio solo” presenta solo le pareti laterali: può trasportare un oggetto trascinandolo sul pavimento grazie alla spazzole sottostanti.

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Anche in questo Skinny box è possibile porre oggetti da trasportare nonostante la conformazione insolita data dalla mancanza di pareti che li trattengano. 

Il Many Legs Round può trasportare facilmente molto peso grazie alle molteplici spazzole che scivolano sul pavimento.

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La “lampada con un braccio solo” si distingue dalla lampade comuni per la sua mancata leggerezza e praticità. Essa presenta un meccanismo di funzionamento diverso dal solito: la luce rimane spenta quando essa è appoggiata al supporto e si accende quando si solleva.

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La tesi da cui partire per comprendere il senso della sperimentazione della studentessa berlinese è che è sbagliato sentirci inadeguati rispetto alle cose ma sono le stesse cose che debbono contenere delle disfunzioni, che sta a noi individuare e “fare nostre”. Con questa sperimentazione, lo studio diventa un esercizio di riattivazione della memoria, di reinvenzione di significati in rapporto agli oggetti, esercizio che il nostro inconscio, o la nostra memoria, ha completamente e pigramente abbandonato, sommerso com’ è dai significati che gli altri, per noi, da secoli, hanno attributo alle cose. Invece con le sue creazioni, a metà strada tra il reale e il surreale, tra l’utile e il superfluo, Lina-Marie Köppen sfida gli standard della società globale persuadendo gli utenti ad un uso sperimentale dei suoi pseudo-oggetti. Il suo motto è “learning to unlearn” (imparare disimparando), ossia diventare più consapevoli e disinibiti nell’utilizzo degli oggetti domestici e nella stessa società. 

L'eco design dei cassonetti. A Roma sono opere d'arte

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Cassonetti della spazzatura decorati come opere d'arte: le persone hanno reagito all’iniziativa con molto entusiasmo! Non è un’illusione ottica quella che i passanti hanno mentre percorrono le vie romane: i cassonetti dei rifiuti si sono messi l’abito nuovo! Tutti li conosciamo nella loro veste monocolore che va dal marrone al verde, a volte varia sul giallo e il blu per i contenitori della differenziata, ma lasciando sempre riconoscibili i contenitori e la loro funzione porta-rifiuto. A Roma – con l’intento di combattere il vandalismo, il degrado urbano e forse anche dare un colpo di spugna al grigiume che ormai riempie un po’ tutti i centri urbani italiani, i cassonetti per i rifiuti sono stati decorati dall’artista Christine Finley e da ReTake Roma.

LE CISTERNE D'ACQUA DI NEW YORK DECORATE PER UNA BUONA CAUSA

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Si tratta di decori floreali, con motivi patchwork, geometrici e in stile damascato.

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GLI ARTEFICI DEI CASSONETTI ARTISTICI

I ReTake Roma è un movimento no-profit che già da tempo si occupa del decoro della capitale con diversi interventi di pulizia e risistemazione di muri e strade deturpate dai vandali.

Così come il movimento del FAME Festival, diffuso in diverse città del globo, anche il modo di operare dei membri di ReTake si basa sulla richiesta di autorizzazione ai proprietari degli spazi in cui si va a operare: dall’incuranza e dal degrado, così, i luoghi possono divenire vere e proprie forme per sviscerare la street art e, perché no, migliorare la qualità della vita della Capitale.

Assieme ai ReTake ha lavorato l’artista statunitense (ma romana di adozione) Christine Finley che usa la creatività per azioni in strada: installazioni che hanno l'obiettivo di colorare le città usando carta da parati come tappezzeria. Nella sua carriera ha effettuato interventi urbani in varie città nel mondo, Vienna, New York, Parigi, Los Angeles, che hanno trasformato i contenitori in metallo in splendidi oggetti di urban design. L’artista annuncia di voler migliorare questo “progetto” facendolo diventare interattivo.  

LE DECORAZIONI

È necessaria semplicemente della carta da parati, colla e tanta creatività nel pensare alle decorazioni. È facile capire da queste ideazioni come con dei semplici "scarti" cartacei possa cambiare il volto di una città. Basta davvero poco, tutto materiale facilmente reperibile e in molti casi riciclato e quindi ecosostenibile, che si lega all’obbiettivo di installazione urbana. 

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Ci si augura che il progetto serva da monito per debellare gli atti vandalici e che stimoli la cittadinanza - soprattutto la fascia d'età più giovane - a curare, creare e riciclare con stile e gioia, al fine di rendere più bello il posto in cui si vive.

Il carcere diventa un caffè: il riuso che reinterpreta per contrasto

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Lo studio australiano Biasol Design Studio ha progettato il caffè nella prigione di Pentridge, porzione di un intervento più ampio di riconversione, all’interno delle mura storiche di Bluestone, a pochi chilometri da Melbourne. La struttura carceraria è diventata un villaggio sede di un complesso residenziale e commerciale. Facendo riferimento alla storia dell'edificio, i progettisti hanno chiamato il progetto “Giuria Cafe”.

DA STAZIONE DI POLIZIA A RISTORANTE: IL RECUPERO A SIDNEY

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I 475 metri quadrati del Caffè si trovano all'interno del perimetro in pietra muraria della prigione che prima di essere dismessa, nel 1997, ha ospitato tra i suoi detenuti il noto romanziere e criminale Chopper Read.

Gli architetti hanno aggiunto puntoni in legno chiaro e arredi in compensato verniciato color pastello, bianco e nero creando un piacevole effetto a contrasto con le pareti di pietra scura e cemento originarie.

Come un progetto di interior design, “Giuria” ha presentato diverse sfide per i progettisti, convinti di dover rispettare il passato di un luogo oscuro come una prigione ma credendo nella possibilità di infondere nuova vita al caffeteria come luogo rilassante per chi lo frequenta.

Il tema del contrasto ha portato lo studio a giocare con le idee. E tante suggestioni diverse hanno condotto a inserire, a contrasto con le pareti di pietra blu scuro, una tavolozza di colori brillanti e legni biondi.

La struttura in legno è organizzata in un schema triangolare replicato lungo le pareti, il soffitto e il bancone del bar.

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I puntoni tra i montanti sono dipinti nei toni del nero, bianco, rosa e blu, e si alternano a fondi colorati o lasciati alla tonalità naturale propria del legname. Anche il controsoffitto è colonizzato dalla griglia.

Il caffè, che è stato completato nel marzo, è semplice e disadorno, ma con piccoli dettagli divertenti.

La struttura ha realizzato un effetto ludico, riportando il sito a nuova vita e ha permesso di esorcizzare il suo oscuro passato, affrontando con nuova linfa il futuro.

Le luci pendenti, con cavo tessile rosso sangue e lampade scultoree, sono state appese in formazione in modo da disegnare una L sul bancone di legno.Sopra i tavoli, i cavi dai colori vivaci sono avvolti intorno alle capriate del soffitto di legno per diminuire la lunghezza. Altri sono attorcigliati ai muri e dietro un grande logo di legno che mette in mostra il nome del locale dietro il bancone.

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La scritta in legno, cava all’interno, mostra il contrasto tra il muro e il materiale di cui è fatto l’arredo.

Una mensola sottile sotto ospita sacchetti di carta marrone di chicchi di caffè e piante in vaso con fronde che hanno cominciato ad avvolgere, quasi forza vivificante, in modo lento ed inesorabile, ogni arredo.

Anche l’unico pilastro in cemento è stato rivestito dalla “maglia” di legno e ne sono state ricavate  scaffalature e un traliccio per le piante.

Gli sgabelli di compensato semplici e i tavoli sono stati progettati per lo spazio dallo studio Biasol, e sono stati sistemati lungo il perimetro, vicino alle finestre.

Scelte di design per arredare casa: le lampade Amuleto e Campanello

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Nulla come una corretta illuminazione riesce ad enfatizzare i più begli angoli della nostra casa, personalizzare un ambiente per adattarlo al nostro stile, rendere più piacevoli le ore di studio e di lavoro. Gli apparecchi illuminanti poi, arricchiscono, personalizzano, colorano e svolgono un ruolo fondamentale nell’arredamento.

Lo sa bene l’architetto e designer Alessandro Mendini, ex direttore di Casabella, Modo e Domus, che ha disegnato oggetti entrati a far parte della storia del design contemporaneo, come la lampada Amuleto di Ramun, esposta in uno dei musei di arte contemporanea più famosi al mondo: la Moderne Pinakothek a Monaco, in Germania. 

AMULETO, LA LAMPADA PORTAFORTUNA

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Nella lampada Amuleto i tre elementi circolari rappresentalo la triade del sole, la luna e la terra. Il disco superiore illuminato a led rappresenta il sole, la parte centrale, che funge da snodo, la luna, mentre la base, su cui la lampada si poggia, rappresenta la terra. Una geometria semplice, che consente alla luce di essere orientata in qualsiasi direzione.

Quest’oggetto di design con una corona luminosa a mo’ di aureola, è stato idealmente progettato per proteggere la vista di studenti, designer ed architetti al lavoro, accompagnandoli, proprio come un amuleto porta fortuna, verso la realizzazione dei propri sogni. 

CAMPANELLO

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Lo stesso designer Alessandro Mendini ha disegnato per Ramun Campanello: un oggetto piccolo e curioso, dinamico, con cui interagire. Se acceso crea una particolarissima atmosfera romantica, perché illumina come una candela. La luce interna, riflessa sul corpo trasparente con diverse angolazioni, dà vita ad un’affascinante aurora sulle superfici intorno alla lampada.

Per l’atmosfera che ricrea è perfetto come lampada da tavolo, da utilizzare per le cene sia in casa che in locali commerciali: i commensali, attratti da questo insolito oggetto vengono coinvolti nel piacere di usarlo. Al click, la piccola statuetta suona come un campanello, richiamando il cameriere al tavolo.

Trovi i prodotti Ramun su LOVETheSIGN

Parcobaleno: architettura partecipata aiuta le città post-sisma

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Parcobaleno è l'originale progetto di architettura partecipata e autocostruzione per rigenerare spazi urbani abbandonati dell'Aquila post-sisma e riconsegnarli ai cittadini. L'iniziativa, come tutte le più belle storie, nasce dal basso, dall'intraprendenza di studenti e architetti della città che con il programma VIVIAMOLAq cercano di ridefinire con gli abitanti stessi la qualità dei luoghi creando nuovi spazi di aggregazione.

RIQUALIFICZIONE URBANA: A NEW YORK NASCONO I PARCHI TEMPORANEI

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I TERRITORI DEL POST-SISMA E LA MANCANZA DI LUOGHI DI AGGREGAZIONE

Il territorio dell’Aquila, fortemente scosso dal sisma, è caratterizzato attualmente dalla presenza di 21 MAP (Moduli abitativi provvisori) privi di identità e di luoghi di aggregazione per gli abitanti. Alcuni importanti obbiettivi per una società sono la possibilità di interazione tra le persone che ne fanno parte e la creazione di spazi di qualità sia privati che pubblici. L’assenza di luoghi di ritrovo e la precarietà delle soluzioni abitative, portano gli abitanti ad alienarsi e a non sentirsi protagonisti del territorio in cui hanno sempre vissuto, con conseguenti risvolti negativi sia a livello umano che sociale.

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La partecipazione e l’autocostruzione come strumenti per unire una comunità

L’architettura partecipata e l’autocostruzione di approccio auto-sostenibile rappresentano un’ottima soluzione per questi problemi: la possibilità di dare il proprio apporto, diventando protagonista di scelte che riguardano il proprio territorio e gli spazi del proprio vivere quotidiano, permettono un beneficio sia sociologico che urbano.

VIAVIAMOLAq E IL PROGETTO DEL PARCOBALENO

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VIVIAMOLAq nasce da studenti ed ex-studenti dell’Università dell’Aquila, che si occupano di progetti sul territorio del post-sisma, includendo la partecipazione degli utenti nelle fasi di progettazione e realizzazione di spazi pubblici multifunzionali e di aggregazione.

Il Parcobaleno a Santa Rufina (AQ) rientra nel progetto “Un posto al sole per i Map”, nasce dalla volontà di riqualificare gli spazi aperti e soprattutto di dare un’identità a questi luoghi, cercando di ideare spazi per l’aggregazione e la socializzazione in cui le persone possano sentirsi parte integrante del proprio territorio. Un territorio che non si piega alle catastrofi naturali, ma che trova la forza di guardare avanti e ripartire.

L’idea del nastro che avvolge gli spazi

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Il progetto prevede struttura a forma di nastro che delimita l’area di intervento dividendola per macroaree.  La volontà è di riqualificare gli spazi aperti adiacenti alla sala polifunzionale di recente realizzazione, allestendoli e dividendoli in aree per il gioco, per le attività ludiche e creative, mantenendo un collegamento con le attività degli ambienti interni. Il nastro è il vero protagonista, diviso in due parti è sia ingresso che delimitatore delle aree tematiche, inoltre avvolgendosi su se stesso, proprio come un vero nastro, si trasforma in seduta, un unico elemento che conferisce qualità e armonia ad un vuoto urbano altrimenti privo di identità.

Una struttura in tubi metallici e legno, fatta con materiali di scarto dei cantieri

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Un punto chiave per l’auto-sostenibilità del progetto è l’utilizzo di materiali di riciclo e di scarto dei cantieri. La struttura di sostegno è realizzata tramite i tubi innocenti messi a disposizione dal comune dell’Aquila, dopo essere stata riverniciata con pitture antiruggine è stata interrata per 40 cm per la stabilità dell’opera. Per il rivestimento sono stati utilizzati i listelli di legno ricavati da bancali dei cantieri, assemblati in moduli di dimensioni 1x1 metro, per un totale di 1200 listelli lavorati e ripuliti a mano e trattati con vetro liquido per proteggerli in vista delle temperature e delle condizioni meteorologiche invernali particolarmente rigide. Infine i listelli sono stati verniciati per dare colore all’allestimento e fissati alla struttura tramite viti autoperforanti. Conferiscono all’insieme l’aspetto di un vero e proprio nastro colorato, quasi come fosse un arcobaleno che si plasma: un gioco di forme e colori, di continuità spaziale e visiva, in grado di generare spazi per i bambini, per i più giovani e per gli anziani. Anche i giochi dell’area per bambini sono stati realizzati in loco tramite l’utilizzo di legno.

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Tutto ciò è stato possibile grazie alla partecipazione e al sostegno delle famiglie. L’architettura deve essere come in questo caso uno strumento per fornire una migliore qualità di vita ai cittadini. La partecipazione attiva permette di capire le vere necessità degli abitanti di un luogo, le loro priorità, permettendo ai progettisti di compiere scelte adeguate in grado di soddisfare appieno le esigenze di tutti.

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Dieci prodotti di ecodesign tra i migliori del 2014

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Nel panorama del design sostenibile vi proponiamo dieci tra i più significativi prodotti di ecodesign presentati nel 2014 e pubblicati da Rinnovabili.it, ideati per migliorare la vita di chi li usa e per preservare l’ambiente in cui sono collocati.

SALONE DEL MOBILE DI MILANO, LE NOVITÀ DEL 2014

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10. Un’icona storica: la Shell Chair

Nel 1950 i designer Charles e Ray Eames  progettarono la Shell Chair. Oggi la celebre icona diviene completamente riciclabile ed ecosostenibile, utilizzando un materiale in fibra di vetro prodotta senza emissioni di VOC e HAP, negli stessi colori della sedia originale. A fine vita la fibra è macinata finemente e riutilizzata per le costruzioni stradali.

9. Il legno delle Dolomiti per fabbricare occhiali sostenibili

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Eleganza, comfort, sette specie legnose e un peso di soli 24 grammi: queste le virtù dei primi occhiali al mondo prodotti con legno PEFC italiano, proveniente dalle foreste della provincia di Belluno, dotate di certificazione che attesta la gestione sostenibile del verde.

8. Un tavolo green in cartone e vetro

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More Plus Desk è un tavolo realizzato in cartone, vetro, legno certificato FSC, progettato dal designer Giorgio Caporaso. È stato presentato a tutti i maggiori eventi riguardanti il tema della sostenibilità come il Salone del Mobile di Milano e il London Festival design.

7. Il frigorifero biocooler della Coca-Cola

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L’aspetto è quello di un mobile per interni con alcune piante verdi appoggiate sopra ma si tratta, in realtà, di una tecnologia già conosciuta per raffreddare i liquidi. L’evaporazione prodotta dall’acqua contenuta nei vasi delle piante, raffredda la parte interna del mobile di almeno venti gradi e uno specchio posto in alto cattura i raggi del sole che trasformano un gas in sostanza liquida refrigerante, aumentando in questo modo l’effetto. La Coca-Cola ha sperimentato quest’apparecchio in Colombia, dove la temperatura media supera i quaranta gradi.

6. Il tavolo che produce energia

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Current Table è il tavolo progettato dalla designer tedesca Marjan Van Aubel, pensato per spazi interni come uffici, biblioteche, ristoranti. Il piano sfrutta la tecnologia fotovoltaica ed è composto di piccole particelle in biossido di titanio, inglobate nel vetro trasparente color arancio, che catturano la luce interna della stanza e la trasformano in energia elettrica dando così la possibilità di caricare il cellulare o il pc, tramite le porte usb laterali, mentre si lavora o si legge un libro.

5. La bottiglia che si può mangiare

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Un gruppo di giovani designer londinesi ha inventato Ooho, la bottiglia commestibile che può essere mangiata dopo l’uso perché prodotta con una gelatina a base di alghe. Per questo involucro, i progettisti si sono ispirati alla tecnica della sferificazione, utilizzata nella cucina molecolare, che permette di trasformare i liquidi in forme più o meno solide. Con questa idea, il giovane team composto da Rodrigo Garcia Gonzalez, Pierre Paslier e Guillame Couche si è aggiudicato il Lexus Design Award 2014.

4. I tappi di sughero diventano mobili d’arredamento

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Gli scarti di lavorazione del sughero, materiale assolutamente sostenibile, grazie al contributo dell’architetto Manuel Cason dello studio Mca & Partners, si trasformano in sgabelli. Per il modello più piccolo, che ha la forma di un tappo da spumante, sono stati riutilizzati circa settecento tappi, evitando l’immissione in atmosfera di quattordici chilogrammi di CO2.

3. I piatti autopulenti

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Lo studio svedese di design Tomorrow Machine, in collaborazione con il KTH Royal Institute of Technology di Stoccolma, ha ideato una linea di stoviglie autopulenti grazie ad una superficie molto idrofobica, che li mantiene sempre puliti. Il loro rivestimento, infatti, è formato da una cera sciolta ad alta temperatura che impedisce a olio e sporco di rimanere sul piatto. Inclinandolo sul secchio, i residui del pasto scivolano via consentendo così un notevole risparmio idrico.

2. Un tavolino che produce energia dal muschio

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Presentato al Fuorisalone di Milano, è frutto di una ricerca promossa dall’Institute for Manufacturing della Cambridge University e utilizza la tecnologia biofotovoltaica. Il muschio è contenuto in piccoli vasi sotto il piano trasparente del tavolo che funzionano come fotobiocelle in grado di produrre 520 Joule di energia ogni giorno; in pratica le proprietà fotosintetiche della pianta innescano un processo bio-elettrochimico, durante il quale l’energia chimica è convertita in energia elettrica.

1.Il manuale che insegna l’igiene e depura l’acqua

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The drinkable book, questo il nome del libro che riporta le regole scritte per una corretta educazione igienico-sanitaria, mettendo in guardia dai possibili rischi e, allo stesso tempo, filtra e depura l’acqua. È realizzato con una speciale carta filtro rivestita da microparticelle in argento ed è capace di abbattere oltre il 99,9% dei batteri e degli agenti patogeni responsabili di tifo e colera, rendendo l’acqua potabile. Nato in collaborazione tra l’agenzia di creatività sociale DDB New York e gli attivisti di Water Is Life, è considerato il modo più economico sul mercato per depurare l’acqua.

Concorso di progettazione “fooDesign: dai gusto alle tue idee”

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Il 1 Maggio aprirà i battenti l’Expo 2015. Il tema della manifestazione che si terrà a Milano fino al 31 Ottobre 2015, sarà l’alimentazione. L’Expo 2015 vuole infatti essere un’occasione per confrontarsi e riflettere sulle contraddizioni di un mondo in cui quasi 900 milioni di persone soffrono la fame mentre 3 milioni sono affetti da disturbi alimentari spesso legati all’eccesso di cibo. Durante l’Expo, il cui tema è “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”, si discuterà su stili di vita sostenibili ed equilibrati, bilanciati tra disponibilità e consumo di risorse.

In questo contesto ben si inserisce fooDesign, il concorso organizzato da Artèteco, che chiede ad architetti, designer ed appassionati del settore, di progettare oggetti utili alla preparazione e/o al consumo di cibo, accessori per la tavola e la cucina.

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La richiesta non è quella di una semplice variazione estetica di oggetti di uso comune, ma lo sviluppo di veri e propri concept innovativi, derivati da un’attenta analisi del settore. I progetti dovranno essere tecnicamente realizzabili e riproducibili in serie. Kellalla brand giovane che punta sulla creatività, innovazione tecnologica e cultura del design, metterà infatti in produzione alcuni dei progetti selezionati dalla giuria tecnica, riconoscendo ai progettisti una royalty sulle vendite. Il primo classificato vincerà un buono spesa di mille euro da consumare presso Vitale arredamenti.

L’iscrizione è gratuita. Gli elaborati devono essere consegnati entro il 6 Maggio.

Per maggiori informazioni sul concorso e per scaricare il bando ed il modulo di partecipazione, visitare il sito di Artèteco.

Tendenze per l'illuminazione della cucina: le lampade sospese

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L'illuminazione della cucina richiede grande attenzione. È un ambiente costituito da diverse aree (per la preparazione del cibo, il consumo delle pietanze, il relax), per ognuna delle quali è importante progettare al meglio l'illuminazione. Uno degli errori più comuni infatti, è quello di ridurre l'illuminazione della cucina ad una griglia di faretti, efficienti sì, ma che difficilmente rendono lo spazio ospitale come vorremmo. Illuminare adeguatamente il piano di lavoro è importante, ma questo non deve compromettere l'accoglienza della stanza. Tra le ultime tendenze in fatto di illuminazione della cucina ci sono le lampade sospese, perfette per personalizzare e rendere ospitale il cuore di ogni abitazione. 

In copertina: Blank cement wall with three lamps above di Pollapat Chirawong, via Shutterstock.

Esistono tantissime tipologie di lampade sospese, ne analizzeremo alcune: lampade con bulbo esposto, sospese naturali, lampade di riciclo, colorate, ad alta densità e veri e propri lampadari. 

Tutte vengono solitamente installate ad un'altezza di 70-85 cm dal piano di lavoro oppure 160-175 cm da terra. 

LAMPADE CON BULBO ESPOSTO 

Le lampade a bulbo esposto sono in grado di dare all'ambiente un aspetto industriale e ricercato allo stesso tempo. La lampada a sospensione Bulbo blu di Zuma Line disponibile su Duzzle - il nuovo shop ti arredamento per la casa e l'ufficio - è giovanile e giocosa, formata da quattro paralumi in vetro a forma di lampadina che scendono da una piastra metallica.

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LAMPADE SOSPESE NATURALI 

L'idea di avere delle piante in cucina è perfetta soprattutto se le utilizziamo per cucinare. Spesso relegate in un angolo della cucina, installate al lampadario si aggiudicano un ruolo di prim'ordine. E le possibilità di utilizzo sono tantissime!

In questo lampadario vegetale in cui le piante crescono a testa in giù, ai vasi, di ceramica, vetro o plastica riciclata, è necessario aggiungere un disco per evitare la fuoriuscita del terreno e mantenere le radici. Ci sono poi esempi di lampade con la luce centrale ed un vaso tutt'intorno, in cui le piante creano una cascata vegetale. Nell’ultima immagine un'alternativa che reinterpreta le tecniche tradizionali messicane: un vaso di un'argilla porosa che contiene in semi di verdissimi germogli. 

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PENDENTI RICICLATI

Il riciclo è fantasia! Sono tanti gli oggetti tipicamente utilizzati in cucina che possono essere reinventati sotto forma di lampade sospese: scolapasta, grattugie, bottiglie, vecchi barattoli e perfino le linguette delle lattine delle bibite. 

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I COLORI DELLE LAMPADE SOSPESE

Le lampade sospese sono elementi di arredo e ci si può divertire giocando con i loro colori. In armonia con quelli dell'ambiente o in netto contrasto con essi, ecco qualche coloratissimo esempio.

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CLUSTER DI PENDENTI

Una regola non scritta ma generalmente diffusa è quella di installare un numero dispari di pendenti: 3 o 5 lampade sospese sono solitamente meglio di 2 o 4. Nel dubbio, optando per un "cluster" di lampade, difficilmente si sbaglia. Si può scegliere come distribuirle, se in maniera uniforme o tutte ad altezze diverse. In ogni caso, hanno sempre un forte impatto sul look dell'ambiente. Ecco qualche esempio. 

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I LAMPADARI

Se sei dell'idea che i lampadari siano adeguati solo in camera da letto, queste immagini ti faranno ricredere. Questa particolare categoria di lampada a sospensione può rivoluzionare l'aspetto di ogni cucina. Ce ne sono di classici, colorati e futuristici, e si adattano alle cucine tradizionali come a quelle più moderne. 

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Uffici open space: flessibilità vs privacy

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Che si tratti di un piccolo studio o di una grande azienda, l’ufficio di oggi è uno spazio flessibile e dinamico, sempre più “open”. La concezione dell’ufficio di una volta, in cui a molti dei dipendenti erano assegnate stanze private, da personalizzare ed arredare secondo le proprie preferenze, non sempre si adatta alle necessità delle aziende moderne che spesso preferiscono gli open space, all’interno dei quali creare zone di lavoro, aree riunioni e spazi di svago modificabili a seconda delle esigenze del momento, delle necessità dell’azienda e delle sue dimensioni.

Arredare l'ufficio moderno non è semplice: molti degli uffici contemporanei presentano un open space dove si concentrano la maggior parte delle scrivanie dei dipendenti e poi sale separate, da adattare, arredare, espandere e modificare a seconda del caso. In questo tipo di uffici, i setti in muratura sono ridotti al minimo, in favore di strutture leggere, removibili, talvolta su ruote, che favoriscono la flessibilità degli spazi.

Gli arredamenti per ufficio possono essere personalizzate a seconda che sia in corso una riunione privata o un workshop. Esistono moduli prefabbricati attrezzati con prese elettriche ed usb, condizionamento ed illuminazione personalizzabili.

Se da un lato è comprensibile che il datore di lavoro privilegi la possibilità di avere molti dipendenti in uno stesso ambiente in un’ottica massimizzazione degli spazi, dall’altro è indispensabile garantire loro uno spazio confortevole in cui lavorare. Infatti, se questi spazi così aperti hanno il vantaggio della personalizzazione delle aree e la possibilità di collaborare con più semplicità con i colleghi, a volte peccano dal punto di vista dell’acustica e dell’intimità. Esistono per questo anche degli arredi pensati ad hoc e dei setti più bassi delle tradizionali pareti, che dividono le scrivanie tra loro per garantire la privacy e ridurre i rumori che in uffici molto grandi, con un elevato numero di scrivanie, possono essere molto fastidiosi. È anche il caso degli uffici per il co-working, degli spazi condivisi da professionisti di settori diversi, che piuttosto che una stanza privata, scelgono di affittare soltanto la scrivania, in un’ottica di risparmio e condivisione delle risorse. 

Sedie sostenibili: design per sedute green

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Per la realizzazione delle sedie si possono utilizzare i materiali più disparati. Sono tanti gli esempi di utilizzo di materiali sostenibili, riciclati o altamente tecnologici per le sedute. Oltre ai classici ed intramontabili legno e cartone, ne abbiamo scovato qualcuno molto particolare: esistono infatti sedie realizzate a partire dai fondi del caffè, dall’intreccio di vecchie magliette oppure da tegole di scarto.

SEDIE COLORATE IN LEGNO

Nonostante la diffusione sul mercato di materiali innovativi e ricercati di ogni tipo, il legno, nel settore dell’arredamento, resta un materiale che non teme rivali. La ragione di questo successo intramontabile sta nelle sue caratteristiche di sostenibilità, tecniche ed estetiche, riconosciute ed apprezzate anche dai non “addetti ai lavori”. È un materiale bello da vedere, che riesce a conferire ad un ambiente un calore ed un senso di accoglienza difficilmente paragonabili a quelli di altri materiali. Non è quindi un caso se in cima a questa rassegna di sedie sostenibili abbiamo scelto quelle in legno. Duzzle propone il modello Angie di Stones: sedie comode, leggere e in vendita, a soli 45 euro, nei vivaci colori giallo, azzurro, verde, lime e bianco. Perfette per rallegrare la zona living in attesa dell’estate!

SEDUTE IN CARTONE 

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Di sedie in cartone ne esistono per tutti i gusti. Quando sono realizzate dall'accostamento di tanti strati di cartone, il risultato è una seduta solida e robusta, con un carattere forte. L'accostamento di strati di cartone non è l'unica soluzione per la realizzazione di sedie in cartone. Molto popolari infatti sono quelle semplicemente derivate da vecchie scatole piegate ed incastrate tra loro a formare sedute perfette per showroom e ed eventi, magari legati alla sostenibilità. Tra le loro caratteristiche, leggerezza e resistenza e la possibilità, nel secondo caso di ripiegarle quando non servono, in modo che non occupino spazio. Il comfort, che non e' il loro punto forte, può essere migliorato grazie a dei cuscini imbottiti di gommapiuma ecologica e rivestiti da una federa di cotone grezzo. 

SEDUTE DAL CAFFÈ

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A proposito di materiali ricercati, ne esiste uno particolarmente resistente e adatto alle sedute, derivato dai fondi del caffè mischiati a plastica riciclata post–consumo. I fondi del caffè, provenienti da uffici, fabbriche alimentari e caffetterie, donano alle sedie non solo il loro tipico colore scuro, ma anche un aroma molto speciale. Da provare!

UNA SEDIA DA 40 T-SHIRT

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Nata dalla volontà della designer finlandese Maria Westerberg di ridurre gli sprechi, questa sedia, realizzata con una base metallica e 40 magliette, si è aggiudicata nel 2011 il Green Furniture Sweden Award. Pare che per la realizzazione della sedia la designer abbia chiesto ad ognuno dei suoi amici una vecchia maglietta. Hanno vinto la fantasia ed i colori. 

RICICLO EDILE PER SEDIE DI DESIGN

sedia-riciclo 

In tema architettura, dei bellissimi sgabelli nati dalle tegole tradizionali giapponesi che, per qualche piccolo difetto, vengono scartate dalle aziende produttrici. La leggera curvatura di queste bellissime tegole, già smaltate e colorate, le rende perfette per l’utilizzo come seduta di sgabelli. La provenienza locale delle argilla è un fattore di sostenibilità in più.

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